Lunedì 26 maggio 2025 - La classica strategia 60/40 — 60% azioni, 40% obbligazioni — è tornata a brillare nel 2025, dopo anni di performance altalenante. Il modello, storicamente consigliato per chi cerca un equilibrio tra crescita e stabilità, ha generato un rendimento dell’1,6% fino a metà maggio, superando persino l’S&P 500 nello stesso periodo, secondo Bloomberg.
Alla base del rilancio c’è la rinnovata correlazione negativa tra azioni e bond statunitensi: quando i mercati azionari scendono, le obbligazioni tornano a fare da scudo, e viceversa. Il ritorno di questo meccanismo classico è un segnale positivo per gli investitori, che possono di nuovo contare su una diversificazione efficace.
A minacciare questo fragile equilibrio ci pensa la parte lunga della curva dei Treasury. I titoli a 30 anni hanno superato il 5% di rendimento, ai massimi da quasi vent’anni, spinti da vendite aggressive legate ai timori sul debito e sul deficit federale. Le pressioni si sono accentuate dopo la proposta di nuovi tagli fiscali da parte di Trump e il downgrade del rating USA da parte di Moody’s, eventi che hanno rafforzato lo scetticismo verso i bond a lunga duration.
Meglio la parte breve della curva: strategia difensiva per tempi incerti
Secondo gli esperti, la strategia 60/40 non è morta, ma va adattata focalizzandosi sul “belly of the curve”, ovvero la parte intermedia, come i Treasury a 5 anni. Questi titoli offrono una maggiore sensibilità alle manovre della Fed e minore esposizione al rischio fiscale rispetto ai trentennali.
I dati lo confermano: da inizio anno, le obbligazioni a breve e medio termine hanno sovraperformato quelle a lunga scadenza. È il fenomeno noto come curve steepening, in cui i rendimenti di lungo periodo salgono mentre quelli a breve calano o restano stabili. La parte lunga viene penalizzata da aspettative di crescita lenta, deficit elevati e inflazione strutturale.
Il Bloomberg Treasury Index, con una duration media di 5,7 anni, continua a mostrare una correlazione negativa con le azioni, e questo spiega la sua capacità protettiva. Inoltre, gli yield attuali delle obbligazioni (circa 4,8%) sono comparabili ai rendimenti attesi delle azioni (6-7% annuo), secondo Manulife, rendendo i bond un’alternativa concreta per riequilibrare il portafoglio.
Con un S&P 500 vicino a valutazioni storicamente elevate, sempre più gestori — da JPMorgan a Wells Fargo — raccomandano una rotazione verso il reddito fisso, puntando su strumenti con duration controllata e maggiore visibilità sui flussi di cassa.
Focus sulla duration: come cambia la gestione obbligazionaria nel 2025
Per l'investitore obbligazionario, la vera sfida oggi è gestire attivamente la duration. In uno scenario di tassi alti e incertezza fiscale, esporsi a scadenze troppo lunghe può aumentare il rischio di perdite in conto capitale, come dimostrano le recenti performance dei Treasury a 30 anni. Al contrario, una duration più breve — tra i 2 e i 7 anni — permette di limitare la volatilità e beneficiare di eventuali tagli della Fed, mantenendo una buona redditività in termini reali.
Le strategie più evolute stanno sfruttando strumenti come ETF a duration controllata, bond corporate investment grade a breve scadenza, e titoli governativi “belly-focused” (come i 5Y), che catturano il meglio del ciclo attuale: rendimento decente, rischio contenuto e possibilità di apprezzamento in caso di rallentamento economico. In sintesi, la chiave non è evitare i bond, ma selezionare la giusta scadenza.